Storie di impianti elettrici

Più vado avanti, più conosco persone con dolore persistente, più mi rendo conto di come spesso sia difficile far capire come il dolore cronico sia un problema fisiologico (relativo ad una funzione organica) più che anatomico (relativo alla struttura del corpo).

Abbiamo bisogno di vedere cosa ci sia di rotto nel nostro corpo e, quando troviamo qualcosa che non va, ci aggrappiamo con tutta la nostra tenacia a quella cosa che, in un corpo ideale (dove per ideale ci starebbe meglio “finto”), non ci dovrebbe essere, anche minima: quella piccola cosa lì, diventa la responsabile di tutto il nostro dolore, anche se non lo è. Ma si vede e questo ci piace, ci conforta.

Sarà che il mio dolore era abominevole, migrante, “riferito” non solo a muscoli e ossa, ma anche a organi interni che stavano benissimo, per cui quando mi è stato spiegato che il dolore persistente è un problema di fisiologia e non di anatomia, a me il fatto è risultato ovvio: “Ecco una risposta, finalmente”.

Ma non è per tutti così immediato.

Per semplificare, possiamo dire che i professionisti della salute hanno la tendenza a cercare il nostro dolore nei mattoni (ossa, muscoli eccetera), mentre il dolore persistente è nell’impianto elettrico, nel nostro sistema nervoso (composto dal cervello, dal midollo spinale, dagli organi di senso e dall’insieme di nervi che mettono in collegamento questi organi con il resto del corpo).

Insomma, abbiamo un sistema nervoso, che regola tutte le funzioni del nostro corpo, e che nessuno (nessuno fra i professionisti della salute che non sono stati in grado di darci una soluzione) considera.

Ma l’impianto elettrico come si vede? E come si capisce se soffro di dolore persistente e non di una malattia ignota che mi porterà alla tomba (che so benissimo essere per tutti noi la domanda fondamentale)?

Innanzitutto, per mettervi tranquilli, esiste una cosa che si chiama diagnosi differenziale.

La diagnosi differenziale è un procedimento che ha l’obiettivo di eliminare le patologie in base alla presenza o all’assenza di alcuni sintomi, utilizzando una corretta anamnesi, l’esame obiettivo e i vari esami di laboratorio. Il fine ultimo è una giusta diagnosi. I professionisti della salute a cui ti affidi sono in grado di effettuare, ciascuno per le sue competenze, una diagnosi differenziale e, in caso di minimo dubbio, hanno l’obbligo di inviarti ad un’altra figura professionale. Se alla fine della trafila ti dicono che non hai niente, non hai niente… Niente che ti ucciderà, almeno. Perdonami la schiettezza, ma il topic è questo.

Una delle prime cose che il professionista farà è chiederti di valutare il tuo dolore. Infatti, le autorappresentazioni del dolore dei pazienti sono una delle fonti di informazione più affidabili e possono aiutare a capire di che tipo di dolore soffri.

Alcuni semplicemente ti fanno domande sul tuo dolore, mentre altri possono utilizzare un questionario sul dolore più formale, chiedendoti di scegliere le parole che meglio descrivono il tuo dolore (come bruciore, formicolio, acuto, sordo eccetera).

Dopodiché, cosa che sembra essere ignota ai più, esistono dei test a cui si può sottoporre una persona che soffre di dolore persistente. Spesso è possibile dimostrare un malfunzionamento (o una lesione) del sistema nervoso in una o più modalità, testando le aree coinvolte con diversi tipi di tocco, la temperatura (utilizzando un cubetto di ghiaccio o un tampone imbevuto di alcool)… L’esame deve anche prendere atto della presenza e della distribuzione di risposte anormali al dolore. Questi test, un professionista che si occupa di dolore persistente, dovrebbe saperli fare e spiegarti a cosa servono, cosa raccontano del tuo corpo e del tuo dolore.

Ma la prova provata del mio dolore?

Beh… Tutti i questionari, le domande e i test che ti vengono fatti non sono frutto della follia del tuo fisioterapista o del tuo medico, ma della ricerca sul dolore persistente, che ha permesso di capire come funziona e quindi di sviluppare domande e test per riconoscerlo e diagnosticarlo. Il tuo corpo, non è vero che non dice nulla sul dolore. Al contrario. Racconta moltissimo. La prova provata ce l’hai sotto al naso, anche se ti sembra impossibile.

Beh, sì. Ci sono le neuroimmagini.

Grazie alle neuroimmagini negli ultimi anni si è compreso che il cervello dei pazienti affetti da dolore cronico mostra alterazioni rispetto alla funzione, alla struttura e alla chimica.

Il neuroimaging è una tecnica relativamente nuova che usa vari metodi per la mappatura della struttura o della funzione del sistema nervoso.

L’uso di immagini del cervello e altre tecnologie ha portato a capire che il dolore cronico è mediato dal SNC… Resta che l’uso di questi strumenti come mezzo diagnostico standard per il dolore persistente è inappropriato (secondo IASP), perché non esistono protocolli convalidati e questo è potenzialmente dannoso per i pazienti.

Insomma, anche se nelle neuroimmagini si vede, nelle persone con dolore persistente, l’attivazione di determinate aree del cervello, non si può quantificare il dolore dall’esterno.

Non ti so dire se il dolore lo vedrai mai. Ma posso dirti che la valutazione del dolore cronico è fatta in base alla tua storia medica, all’esame clinico, a questionari… Ti potrà sembrare forse banale nel nostro sistema medico fatto di millemila esami specifici per ogni cosa, ma tutto ciò che ti viene proposto da un professionista che realmente conosce il dolore persistente, è frutto della ricerca e del ragionamento clinico (cioè dell’esercizio di un insieme di abilità complesse, come il pensiero critico, riflessivo, creativo), non del caso.

Il tuo corpo racconta chiaramente la storia del suo dolore. Bisogna saperlo ascoltare e avere le conoscenze per capirlo, soprattutto.

 

Schmidt-Wilcke, T. (2015). Neuroimaging of chronic pain. Best Practice & Research Clinical Rheumatology, 29(1), 29–41. doi:10.1016/j.berh.2015.04.030
Davis KD, Flor H, Greely HT, et al. Brain imaging tests for chronic pain: medical, legal and ethical issues and recommendations. Nat Rev Neurol. 2017;13(10):624-638.

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